
Democrazia ... motori avanti tutta!
Un nuovo soggetto politico, generalmente, si propone, sulla base di una piattaforma di valori condivisi, di promuovere e perseguire una concreta offerta programmatica in grado di dare risposte ai tanti problemi che tormentano i nostri giorni: è questo che, comunemente, ci si attende da un nuovo partito politico. Il nostro approccio, invece, vuole capovolgere questa visione: nella costruzione del modello di partecipazione che aneliamo, la volontà di tradurre il metodo democratico (Costituzione, art. 49) in un inedito paradigma organizzativo precede la connotazione ideal-programmatica. Di più: l’organizzazione del partito (e la sua evoluzione) costituisce parte integrante di questa connotazione la quale procede, e si estende, in una visione complessiva ispirata anch’essa, in una certa misura, dallo stesso principio costituzionale. In pratica: nello sforzo di dare un senso al metodo democratico noi crediamo sia necessario dargli, anzitutto, priorità.
È un approccio inedito: fino ad oggi, per quel che sappiamo, la ricerca prioritaria del metodo e la sua traduzione in concreti percorsi aggregativi, è stata condotta all’interno di esperienze di tipo direttista o in altre, più circoscritte, di tipo partecipativo e/o deliberativo. Sul piano esclusivamente teorico, invece, la letteratura scientifica non si è proprio cimentata nel disegno di una possibile forma-partito alternativa rispetto a quelle esistite ed esistenti, si è sempre limitata, com’era ovvio, a descrivere il fenomeno aggregativo (e la sua degenerazione) così come si è venuto sviluppando in ogni contesto: talora indotto e guidato da una comune visione di realtà, da una filosofia; talora mosso dalla volontà di assecondare precisi bisogni o determinate classi sociali, oppure ancora sollecitato da problemi particolarmente gravi e urgenti, come quelli dell’ambiente; in ogni caso, mai ispirato dalla volontà di affermare anzitutto un metodo, un modello, una modalità organizzativa. Nella nostra ricerca, invece, questa ispirazione è preminente. Si tratta proprio di uno stravolgimento delle motivazioni fondanti dell’associazionismo politico, che può apparire velleitario o, per qualcuno, del tutto insensato, ne siamo consapevoli. Ma questo approccio ha, in realtà, un robusta motivazione sottostante: è la questione democratica, la vera questione della nostra epoca, nei confronti della quale esso costituisce, a nostro avviso, l’unica risposta possibile.
L’uomo ha cercato di risolvere la complessità del gioco democratico in ogni angolo della sua immensa dimensione. Ma c’è una parte di questa dimensione che abbiamo completamente trascurato, c’è uno spazio della democrazia che abbiamo completamente abbandonato e lasciato al suo destino: è il grande spazio che separa cittadini e istituzioni, società civile e potere politico, è il grande spazio della mediazione politica. È in questo grande spazio che noi abbiamo permesso che regnasse il disordine, il caos, che è diventato totale nel momento in cui è venuta meno quella connotazione ideologica che costituiva una specie di surrogato del metodo democratico, e che ha in qualche modo governato non solo l’agire politico ma anche l’organizzazione dei vecchi partiti. Oggi è venuta meno ogni regola, nei partiti e, di conseguenza, nello spazio che li contiene. Insieme alle regole, in realtà, sono scomparsi i partiti stessi, che nell’accezione di strumenti in grado di corrispondere alla richiesta di partecipazione democratica dei cittadini, di fatto, non esistono più. E insieme a loro è svanito ogni rapporto, ogni legame fra noi e le istituzioni. Oggi questo rapporto non c’è più perché nello spazio della mediazione politica è stato smantellato tutto, completamente. Noi riteniamo che questo sia, oggi, il nodo cruciale della questione democratica. Perché se i cittadini possono essere soltanto giudici, di tanto in tanto, del potere politico ma mai artefici della sua costruzione, se possono essere soltanto spettatori del gioco democratico, e solo raramente e fortuitamente attori che vi partecipano, allora questo gioco non può più, realmente, definirsi democratico. E tale è anche la ragione, quella profonda, per cui la democrazia, e la politica con essa, è oggi sovrastata da tutti quei poteri che dovrebbero soggiacerle. Ecco perché la priorità è il metodo: perché (re)introdurre nello spazio che ci separa dalle istituzioni un metodo, un sistema, un meccanismo che riconsegni ai cittadini la possibilità di incidere, di intervenire, di non essere più solamente spettatori ma attori protagonisti del gioco democratico, è l’unico modo per ripristinare il funzionamento di questo gioco, e per consentire così anche alla politica di tornare a svolgere la sua nobile funzione.
Se vogliamo tornare a navigare sulla rotta che conduce verso una democrazia più autentica, è in questo spazio che è necessario intervenire: nello spazio della mediazione politica. E dobbiamo farlo con la ricerca di soluzioni concrete e con la pratica attuazione di queste soluzioni. Non siamo qui ad alimentare un dibattito che è sempre stato infecondo, che ha prodotto una letteratura sterminata ma desolatamente sterile. La democrazia è un gioco troppo complesso solo per chi si ferma e la guarda da lontano ma quando ci si avvicina, anzi ci si protende in modo totale verso di essa, la complessità si dirada e la possibilità di regolare gli ingranaggi del gioco democratico appare tanto più alla portata quanto più si prova a corrispondervi con la pratica concreta: senza malizia, guidati da sentimenti genuini ma anzitutto con la pratica.
A realizzare concretamente ogni cambiamento è sempre la pratica. Certo, per la democrazia l’uomo moderno ha versato fiumi di inchiostro e di sangue, ma è la pratica concreta, poi, che ci ha permesso di dare sostanza a quei traguardi che, da lontano, apparivano come irrealizzabili: il suffragio universale, la forma repubblicana, la divisione dei poteri, il costituzionalismo, e tanto altro. Ambizioni ritenute per secoli utopie e che oggi, se continuiamo a rimanere fermi, e inermi, di fronte alla questione democratica, rischiamo nuovamente di frustrare. Sarebbe imperdonabile!
Allora ripartiamo! E facciamo rotta, a tutta potenza, verso il prossimo traguardo: mutare radicalmente gli ingranaggi della mediazione politica. E ricostruire, così, il rapporto, vitale per la democrazia, fra istituzioni e cittadini, fra politica e società civile.